Uno studio tutto italiano, appena pubblicato sulla rivista Nature Communications, fa luce sui meccanismi all'origine della malattia che divora i ricordi. E apre una nuova via alla ricerca di una cura per l'Alzheimer che, solo in Italia, colpisce circa mezzo milione di persone oltre i 60 anni di età. Non è nell'ippocampo, la struttura del sistema nervoso centrale primariamente coinvolta nelle funzioni della memoria, che va infatti cercato il
responsabile del morbo di Alzheimer: all'origine della malattia c'è invece la morte dell'area del cervello che produce la dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto anche in motivazione e buonumore. E' la sorprendente scoperta dell'équipe di ricercatori coordinati dal Prof. Marcello D'Amelio, 42 anni, associato di Fisiologia umana e Neurofisiologia presso l'Università Campus Bio-Medico di Roma. "Questo lavoro getta nuova luce sui meccanismi all'origine della malattia, spiega perché le sperimentazioni di terapie mirate alle placche beta-amiloidi hanno fallito e offre una nuova direzione alla ricerca per trattare l'Alzheimer", spiega D'Amelio all'AdnKronos Salute. Alla ricerca hanno contribuito anche la Fondazione Irccs Santa Lucia e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Già nelle prime fasi di malattia lo studio ha evidenziato la morte progressiva dei soli neuroni dell'area tegmentale ventrale (VTA), e non quelli dell'ippocampo. Risultato coerente con la descrizione clinica della malattia fatta dai neurologi. Una ulteriore conferma è stata ottenuta somministrando in laboratorio, su modelli animali, due terapie: una con L-DOPA, un amminoacido precursore della dopamina; l'altra basata sulla selegilina, una sostanza che contrasta la degradazione della dopamina. Ripristinati i livelli di dopamina nell'ippocampo, in entrambi i casi si è registrato il recupero completo della memoria, in tempi relativamente rapidi. Nonché un pieno ripristino della vitalità e della facoltà motivazionale.
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