Scoperta una proteina rilasciata dalle staminali per curare la sclerosi

Alla fine del maggio scorso i ricercatori dell’Ospedale San Raffaele hanno avviato il primo studio clinico al mondo per il trattamento della sclerosi multipla progressiva con infusione di cellule staminali del cervello (STEMS). Lo studio procede senza complicazioni, il primo gruppo di 3 persone è già stato trapiantato, ma nel frattempo arrivano risultati anche dal laboratorio. Secondo il lavoro, sostenuto anche da AISM e la sua Fondazione e coordinato dal
professor Gianvito Martino – capo dell’Unità di Neuroimmunologia nonché direttore scientifico dell’istituto – le cellule, una volta infuse, riducono l’infiammazione nel cervello dovuta alla malattia attraverso il rilascio di una proteina poco conosciuta. L’efficacia del trapianto di staminali neurali nei topi affetti da EAE, il modello sperimentale di sclerosi multipla, era nota da tempo. La scoperta è ora arrivata al banco di prova sull’uomo. La strategia adottata dalle cellule staminali per combattere l’infiammazione del sistema nervoso è però ancora poco chiara: comprenderla può migliorare il loro utilizzo e potenzialmente aprire la strada a nuove terapie. Lo studio, pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, individua la proteina TGF-β2 rilasciata dalle staminali e capace di modificare il comportamento di alcune cellule del sistema immunitario da pro- ad anti-infiammatorio. La trasformazione indotta in queste cellule è fondamentale, perché nella sclerosi multipla sono loro ad attivare i linfociti T, diretti responsabili del danno cerebrale. In sostanza, tramite TGF-β2, le cellule staminali interferiscono nella catena di comando che porta all’aggressione del tessuto nervoso. “L'azione delle cellule staminali è indotta dai segnali rilasciati dal tessuto danneggiato in cui vengono trapiantate ed è dovuta al rilascio di varie molecole tra cui quella da noi identificata”, sottolinea Martino. “Le staminali – aggiunge – sono paragonabili a cavalli di Troia che rilasciano le giuste molecole nella giusta quantità a seconda di dove si trovano e del tipo di danno che devono affrontare”.




Via: HSR Press

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